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Bus turistici, i bancomat dei Comuni. Parcheggiati e dimenticati da più di un anno

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I bus turistici rientrano tra le aziende colpite economicamente dalla pandemia. Purtroppo, però, le cose non andavano bene nemmeno prima dell’emergenza. Infatti, i bus turistici dovevano passare per forza dalle ZTL dei Comuni per il classico giro turistico, ma le amministrazioni locali non hanno mai predisposto delle migliorie o alternative per le aziende del settore. In più, nella maggior parte dei casi, al pagamento della tassa non corrispondevano di alcun servizio per i bus o per gli autisti, tanto che molti operatori si ritengono considerati e usati come bancomat dalle amministrazioni locali che usano le zone a traffico limitato.

Un giro turistico in Toscana esempio: Firenze, Pisa, Montecatini, Luca e Siena, i comuni si intascavano circa 900 euro, solo per il pagamento della ZTL​

Il caso della Toscana è abbastanza significativo in tal senso. Qui, un giro turistico che passi dalle città più importanti (Firenze, Pisa, Montecatini, Lucca e Siena) poteva arrivare a costare agli operatori dei bus turistici circa 900 euro solo per il pagamento del passaggio nella zona a traffico limitato. Un pagamento che andava direttamente nelle casse comunali.

Questa tassazione non tiene conto nemmeno dei benefici che i bus turistici, con il trasporto dei viaggiatori, offre all’economia locale.

Il trasporto privato spesso risponde alle necessità alle quali il pubblico non riesce a rispondere e i turisti possono scoprire le attrazioni e le attività commerciali locali proprio perché ci sono i bus turistici che passano in quella zona.

Tante aziende hanno chiuso​

Chiudere la propria attività per un imprenditore non è una scelta, è un obbligo quando non si riescono a pagare più le spese correnti. Mentre gli introiti si fermano o sono limitati, le spese e i pagamenti da fare sono, invece, immediati e senza possibilità di sospensione o di proroga. Il caso della pandemia del Covid-19, ha costretto le aziende dei bus turistici di restare ferme, senza alcun guadagno.

Così, per via dei costi elevati, molte di esse, purtroppo hanno dovuto prendere la decisione più difficile. Quella di dismettere i mezzi e di chiudere definitivamente la propria attività.

Con le aziende che chiudono, si perdono anche le esperienze per i viaggiatori che, dopo la pandemia, troveranno meno mezzi e meno realtà in grado di accoglierli e di far conoscere il territorio.

Aiuti non sufficienti e a volte mai arrivati​

I bus turistici rientravano tra le attività che avrebbero avuto diritto agli aiuti da parte del Governo, in quanto appartenenti al settore turistico, tra i più colpiti da chiusure e divieti di spostamento. Secondo gli operatori del settore, però, quando sono arrivati gli aiuti non sono bastati a coprire le spese, risultando insufficienti. Purtroppo, si evidenzia anche il fenomeno di aiuti mai arrivati a destinazione per via della burocrazia e non solo.

Con le autoscuole chiuse, non ci sono nuovi autisti per il ricambio di chi dovrebbe andare in pensione. Un problema che le aziende già stanno affrontando in questi anni.​

A complicare le cose, non è stato possibile sbloccare il ricambio del personale. Infatti, la chiusura delle autoscuole ha impedito ai giovani che volevano inserirsi nel mondo del lavoro guidando dei bus la possibilità di ottenere le patenti abilitanti per condurre questi mezzi. In azienda oramai si fa sempre fatica a trovare conducenti di autobus. Il problema, però, non si è presentato durante la pandemia, ma si è inasprito con l’emergenza.

Un mestiere che i giovani non vogliono più fare, visti gli enormi sacrifici e la piccola retribuzione.​

Infatti, sono sempre di più i giovani che decidono di non fare l’autista di autobus. Le obiezioni più importanti dei ragazzi sono la retribuzione più bassa rispetto ad altri lavori considerati più importanti e i sacrifici legati all’attività di trasporto persone, indipentemente se turismo o linea

Chi conduce un autobus per mansione, infatti, spesso deve lavorare di notte e nei weekend, oppure rendersi disponibile con una certa flessibilità oraria. La crisi degli ultimi anni, però, ha impedito alle aziende di dare degli aumenti.

Oggi, con la pandemia e il numero ridotto di turisti che parte e che viaggia, non è possibile affrontare anche la spesa di eventuali aumenti ai dipendenti. I costi elevati di gestione e di passaggio (senza contare il pieno e la manutenzione dei mezzi) rende impossibile anche solo pensare a un investimento del genere.

La retribuzione in linea con le normative vigenti, purtroppo, non riesce ad attirare i giovani, sempre meno disposti a sacrificare qualche ora del proprio tempo in più.

Oltre ad una riforma ad hoc ci vuole anche un aggiornamento del contratto di lavoro in generale, per incentivare i giovani a intraprendere questo mestiere, altrimenti oltre al COVID-19, ci sarà anche il problema del personale.​

Per risollevare le aziende che ruotano intorno al mondo del trasporto persone TPL o Turismo, servirebbe un intervento normativo più complessivo. Le aziende hanno difficoltà a trovare una modalità di contratto di lavoro generale, in grado di rispondere alle esigenze delle aziende e non solo. I nuovi contratti dovrebbero avere anche una funzione di incentivo per i più giovani.

Infatti, un contratto che possa dare più possibilità farebbe valere i sacrifici richiesti per poter lavorare e questo potrebbe spingere chi è in difficoltà ad accettare un lavoro nel trasporto persone. Il contratto di lavoro e il suo aggiornamento con una riforma ad hoc eviterebbe così il secondo problema più grave per queste realtà: il personale.

Il CoVid-19 è diventato un problema economico per le aziende che operano soprattutto con i bus turistici e non è un segreto. Quando, però, l’emergenza si allontanerà, gli operatori non potranno avere lo slancio giusto per potersi rialzare, perché mancherà personale.

Così, gli operatori chiedono a gran voce di risolvere questo problema “approfittando” del periodo di crisi per aggiornare il contratto nazionale e dare risposte concrete.
 
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